Abbiamo depositato un’interrogazione parlamentare a risposta scritta in
Commissione, rivolta ai Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico
affinché si faccia chiarezza sulle modalità di gestione ed erogazione
della CIGS a partire dal mese di aprile 2013, adottate presso lo
stabilimento FIAT G. B. Vico di Pomigliano d’Arco.
Un atto
dovuto, a nostro avviso, al fine di verificare l’effettiva correttezza
dei criteri di rotazione adottati dall’Azienda di Torino per la scelta
dei gruppi di lavoratori sottoposti alla CIGS.
CIGS che, almeno per il
momento, è applicata esclusivamente ai lavoratori assegnati alla
cosiddetta Area C, mentre gli addetti alle Aree A e B beneficiano del
tempo di lavoro pieno.
Obiettivo dell’interrogazione è principalmente quello di chiarire se e quali possano essere
le strategie adottabili dalla FIAT e dal Governo nei prossimi mesi, in
grado di portare ad un progressivo azzeramento del ricorso alla CIGS o
comunque ad un utilizzo più equo della stessa, attraverso la
distribuzione dei sacrifici inevitabilmente connessi all’impiego degli
ammortizzatori sociali su di un numero più ampio di lavoratori, che
comporterebbe una riduzione dell’impatto economico negativo sulle
singole unità lavorative.
Il testo integrale dell'interrogazione è disponibile qui.
Pubblicata nell'edizione del 30 luglio 2013 - Il Mattino
Con il Dott. Antonio Marfella e con Lucia De Cicco
Egregio
Direttore,
apprendo
con non poca soddisfazione degli impegni seri e concreti che il Governo Letta
sta assumendo nei confronti dei nostri territori, in materia di lotta alle
ecomafie, ai roghi tossici di rifiuti ed allo smaltimento illecito degli
stessi, fenomeni che, purtroppo, con sempre maggiore intensità – specie nel
periodo estivo – interessano le aree poste al confine tra le province di Napoli
e Caserta.
Sento
di poter dire che le iniziative dei Ministri Orlando (istituzione di un pool di
magistrati con l’obiettivo di costruire un’iniziativa legislativa tesa a
sanzionare penalmente ed in modo più incisivo coloro i quali direttamente o
indirettamente appiccano roghi tossici) e De Girolamo (potenziamento dei
controlli delle aree dismesse, anche attraverso il ricorso al Corpo Forestale
dello Stato) siano un buon viatico per un percorso che, in ogni caso, si è manifestato
sin da subito lungo ed irto di ostacoli.
Quello
dello smaltimento illecito di rifiuti in Campania ed il consequenziale fenomeno
dei roghi tossici, infatti, presenta disparate criticità e necessita, a mio
avviso, di un approccio multidisciplinare, con il coinvolgimento di una
pluralità di attori istituzionali e nel contempo con l’utilizzo di una
molteplicità di strumenti giuridici, amministrativi, sociali, culturali e
politici.
Sul
piano socio – culturale molto è stato fatto e tanto, ancora, c’è da fare: non è
un caso, del resto, se il forte interessamento della politica che negli ultimi
mesi si è fatta carico di questa vicenda, che definirei “nazionale” per tutte
le conseguenze che comporta in termini di rischi per la salute, spesa sanitaria
e dispendio e scempio di risorse ambientali, è stato senza ombra di dubbio
sollecitato dalle fortissime pressioni provenienti dai mondi
dell’associazionismo, del movimentismo e del civismo più disparato, che prima
di tutti gli altri hanno saputo intercettare e comprendere gli effetti di una
disastrosa e, speriamo non irreparabilmente, scellerata gestione del
territorio, agevolata, negli ultimi venti – trent’anni, da un radicato sistema
criminale e, nel contempo, dalla scarsa lungimiranza delle istituzioni, locali
e nazionali.
Pare
ora invertirsi la tendenza, sia per l’approccio che al problema sta avendo il
Governo Letta, sia per una diversa presa di coscienza della politica stessa,
che – in modo diffuso e trasversale – sembra abbia maturato il convincimento
che la tutela, il presidio ed il rilancio del territorio e delle sue risorse,
siano la strada giusta da percorrere – anche a prescindere da connotazioni
partitiche – al fine di riconciliare i cittadini con i rispettivi
rappresentanti istituzionali.
È
in tale ottica che sin dall’inizio di questa XVII Legislatura, con il supporto sia
delle associazioni ambientaliste che degli altri Colleghi Deputati, abbiamo
promosso una serie di iniziative parlamentari (interrogazioni, mozioni ed
interpellanze urgenti) tese a compulsare il Governo nel compiere quelle
attività che in questi giorni stanno trovando, seppur parzialmente, attuazione.
Sul
punto, sebbene con favore si debbano accogliere le proposte di inasprimento
delle pene per chi commette reati ambientali (che andrebbero, ad avviso di chi
scrive, assimilati in tutto o in parte a quelli di stampo mafioso e/o
terroristico), è altresì opportuno non abbassare la guardia anche rispetto ad
altre direttive da seguire per costruire un’efficace strategia di complessivo
contrasto alle ecomafie, che passa necessariamente attraverso la costruzione di
un tavolo interministeriale (Ambiente, Giustizia, Interni, Sanità, Politiche
Agricole) che si occupi delle questioni di cui in premessa, la revisione e la
riorganizzazione delle strutture e delle funzioni delle Agenzie Regionali per
la Protezione Ambientale, la intensificazione delle attività di
sensibilizzazione ed informazione della cittadinanza in capo alle Aziende
Sanitarie Locali ed, infine, la stesura di un programma serio ed ampio di
bonifica e recupero dei suoli inquinati.
Un
coacervo di azioni, dunque, che, per quanto ovvio, non potrà che richiedere un
coordinamento di tutti i soggetti coinvolti, istituzionali e non, del quale
dovrà farsi carico la “politica” nei prossimi mesi.
Mesi
nei quali, non sarebbe da considerarsi peregrina a priori – così come già richiesto
formalmente al Governo nella mozione 1/00098 – l’ipotesi di dare spazio, nel
presidio dei territori, all’impiego dell’esercito, accanto alle Forze
dell’Ordine già attualmente impegnate in una lotta impari per estensione delle
aree interessate dagli incendi e per la inafferrabilità degli autori dei roghi
tossici: sarebbe questo – a mio avviso – un segnale forte di vicinanza dello Stato ai
cittadini ed al tempo stesso un messaggio inequivocabile ai criminali che
deturpano la “terra dei fuochi”, che, mi auguro, il Governo possa prendere
seriamente in considerazione in tempi rapidi e con il mese di agosto ormai alle
porte.
On. Michela Rostan
Delegata Segreteria Nazionale del PD per il Forum
Ambiente
Ho rivolto al Ministro del Lavoro e delle Politiche
Sociali un’interrogazione a risposta scritta tesa ad ottenere chiarimenti da
parte del Governo, rispetto alle scelte strategie che questo intende adottare
per avviare una seria politica di stabilizzazione degli LSU. Non è più
sostenibile, a mio avviso, la condizione di quelle tante e tanti lavoratori
socialmente utili, che sempre più spesso sono impiegati negli Enti Pubblici per
svolgere mansioni diverse e più impegnative rispetto a quelle per le quali dovrebbe
essere utilizzati, il tutto senza ricevere, in cambio, un’adeguata
retribuzione, un percorso previdenziale ed assistenziale tale da garantire loro
un seppur minimo profilo pensionistico ed una prospettiva di stabilizzazione. A
Melito di Napoli, tanto per citare la situazione del mio comune di provenienza,
da quasi tre anni non si procede ad alcuna stabilizzazione degli LSU impiegati
presso le sedi comunali, con la conseguenza che le 28 unità attualmente
impegnate sono costrette a vivere una sistematica condizione di disagio.
Giacché la stabilizzazione può avvenire, secondo la normativa vigente,
attraverso il reperimento di risorse nazionali e regionali, ho chiesto al
Ministro di promuovere ogni attività utilmente tesa alla stabilizzazione degli LSU
e la convocazione di un tavolo tecnico con tutte le parti interessate
(Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salute, Regione ed
amministrazioni comunali), onde garantire il riconoscimento delle
professionalità acquisite dagli LSU in funzione delle mansioni effettivamente
svolte da questi ultimi negli anni addietro e la loro consequenziale
stabilizzazione.
E’ indispensabile intervenire per garantire l’immediato ripristino del
servizio di trasporto pubblico erogato dalla EAVbus nelle more in cui
verranno ultimate le procedure di assegnazione della gestione della
società da parte della Curatela Fallimentare. Il pressapochismo e l’inadeguatezza della
Regione nella gestione di questa fase così delicata non sono in alcun
modo accettabili e stanno avendo ripercussioni negative, sia per i
lavoratori della EAVbus, esasperati da un continuo stato di incertezza
della propria condizione occupazionale, sia per l’utenza alla quale non
viene più garantito il pieno diritto alla mobilità. E’ necessario, pertanto, che si acceleri
sull’affidamento della gestione temporanea della EAVbus da parte della
Curatela Fallimentare, e nel contempo, che la Regione si faccia carico
di trovare soluzioni che nel lungo periodo siano in grado di scongiurare
la interruzione dei servizi di trasporto pubblico e di assicurare
stabilità e certezze ai lavoratori del settore.
Nel mentre ci sentiamo
di rivolgere un appello ai lavoratori, affinché continuinino a
dimostrare il senso di responsabilità che finora ne ha contraddistinto
la condotta, così da garantire un indispensabile servizio di trasporto
per migliaia di cittadini campani. Al tempo stesso, continueremo ad
impegnarci nei confronti del Governo, affinché in tempi rapidi vengano
reperiti i fondi necessari affinché il trasporto pubblico in Campania
possa tornare ad essere funzionale ed efficace per i bisogni della
cittadinanza. Ci auguriamo che diversamente da quanto fatto finora, anche
la Regione intraprenda la strada della spesa efficiente e senza sprechi
dei fondi regionali a disposizione per il trasporto pubblico.
ci apprestiamo, quest’oggi,
ad approfondire, mi auguro in modo risoluto, un tema – quello della lotta alla
corruzione ed allo scambio elettorale politico/mafioso – estremamente delicato
e complesso, specie per il nostro Paese e per il momento storico, economico,
sociale e politico che Esso sta attraversando in questi mesi.
Un approfondimento, che non
può prescindere dall’acquisizione collettiva da parte di quest’Aula, della consapevolezza
di quanto sia dilagante e distruttivo il fenomeno della corruzione, specie
quella di stampo mafioso, nel nostro Paese.
Un fenomeno, quello della
corruzione, che trova nel voto di scambio politico – mafioso, il suo più bieco
e cinico strumento di attuazione.
È nel voto di scambio, che
si concretizza la peggiore mortificazione di una democrazia e l’offesa più
grave a ciò che uno Stato ed il suo Popolo dovrebbero, insieme, rappresentare.
Sia che l’utilità ottenuta
in cambio dell’esercizio eterodiretto del proprio voto sia costituita da una
somma di denaro, sia che essa assuma altra forma, è necessario colpire ed
arginare in modo drastico tale fattispecie, e questo ancor di più quando sullo
sfondo del voto di scambio si manifesta la grigia e maleodorante presenza di un
ritorno di tipo “mafioso e distorto” dell’esercizio del consenso.
Di tanto, dovrà e sono
sicura che così sarà, convincersi quest’Aula, anche a prescindere dai colori
partitici e dalle appartenente politiche di ciascuno di noi.
Di tanto, la comunità che
rappresentiamo è probabilmente già convinta e ferma, come emerso dall’ottimo
lavoro svolto da Don Ciotti con Libera e con il Gruppo Abele, ai quali va il
mio ringraziamento per l’impegno profuso.
Un ringraziamento che
rivolgo anche ai Colleghi della Commissione Giustizia che in modo rapido e
credo molto efficiente e funzionale, hanno licenziato il testo che oggi è posto
all'esame dell'Aula.
Nel periodo forse più
difficile che stiamo attraversando, l’opinione pubblica italiana avverte, a mio
avviso, il bisogno di ricevere, da chi ha l’onere e l’onore di rappresentarla
in Parlamento, prove tangibili di lotta alla corruzione ed al tempo stesso di
ricostruzione di un elevato profilo morale ed etico della politica.
"Illegalità, corruzione
e malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le
dimensioni sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso
faticosamente, alla luce". Questo è quanto ha
affermato recentemente il Presidente della Corte dei Conti.
La corruzione, nelle più
disparate forme in cui essa si presenta e, quindi, anche nel voto di scambio
politico – mafioso, in Italia vale circa 60 miliardi di euro l'anno.
Una cifra da capogiro, una
stima impressionante che, abbinata alle forme che via via assume nel nostro
Paese la criminalità organizzata che ne fa uso, rende improcrastinabile un
intervento ed una reazione forti da parte dello Stato.
In questo scenario, per un
approccio serio e completo al problema che ci occupa, è necessario, a mio
avviso, un esame del ruolo e della funzione che negli ultimi decenni hanno
assunto le mafie nel nostro Paese.
Non siamo più di fronte a
semplici organizzazioni criminali, bensì siamo innanzi a veri e propri sistemi
di potere, che hanno avuto la capacità di sprovincializzarsi, di diffondersi
all’estero, di compenetrarsi nelle istituzioni, nello Stato, negli Enti Locali,
anche attraverso quel voto di scambio politico – mafioso che oggi ci occupa.
È una mafia, quella moderna,
che si caratterizza per un rapporto peculiare che l’organizzazione mafiosa intrattiene con il territorio e
l’autorità politica. L’uso della violenza, infatti non è più fine a se
stesso, ma è strumentale all’instaurazione di un controllo del territorio
sempre più totalizzante, che porta il “sistema mafioso” fino quasi a
sostituirsi allo Stato nell’esercizio delle sue funzioni, quali la gestione
dell’economia, il mantenimento dell’ordine, l’amministrazione della
‘giustizia’.
Questo stesso potere si
traduce al contempo nel controllo di risorse politiche fondamentali – il voto –
che consentono alle mafie di porsi come interlocutori della politica,
affiancando (o sostituendo) alla logica della contrapposizione quella dello
scambio, del ricatto, dell’infiltrazione, il tutto finalizzato alla gestione
diretta e/o indiretta delle risorse destinate dallo Stato alle nostre comunità.
Questo fenomeno, purtroppo,
ha trovato terreno fertile nel quale attecchire, specie nel Mezzogiorno
d’Italia, specie in quelle terre più sofferenti, soprattutto a partire da
quegli anni Sessanta – Settanta, durante i quali il Meridione ha perso il
decisivo treno del rilancio economico, alla cui assenza, purtroppo, ha fatto da
contraltare la diffusione di un sempre più crescente arretramento sul piano
sociale.
Un periodo, quello prima
indicato, durante il quale le nostre regioni sono state destinatarie di risorse
assolutamente straordinarie, la cui gestione, tuttavia, anche a causa di quella
strisciante connivenza tra pubblico e criminalità organizzate, non ha mai
portato al consolidamento strutturale di un percorso di sviluppo, bensì, al
foraggiamento di localismi e clientelismi di vario genere, che hanno lasciato
le regioni meridionali in una condizione di arretratezza insostenibile, oggi
aggravata dalla crisi, dove malgoverno, commistioni e delinquenza trovano la
loro più ampia diffusione.
Tutto questo, ha determinato
la creazione di veri e propri governi mafiosi e paralleli dell’economia, della
finanza pubblica, che si sono concentrati in alcune aree delle tre regioni
meridionali più esposte a questi fenomeni, tra le quali, consentitemi una breve
digressione personale, anche e soprattutto quell’area disgraziata posta al
confine tra le province di Napoli e Caserta, feudo incontrastato della camorra,
dei clan partenopei, di quella “Gomorra” raccontata da Saviano ed a tutti
tristemente nota, che da decenni stritola e mortifica la mia comunità di
provenienza ed un territorio nel quale, quotidianamente si assiste alla
mortificazione della dignità umana, dei più elementari diritti civili e
politici, ed ad una dilagante corruzione che consuma instancabilmente le già
scarse risorse a disposizione della collettività, senza, in alcun modo,
consentire la costruzione di un futuro e di una prospettiva di sviluppo.
Le
mie riflessioni, trovano, a mio avviso, conferma nelle vicende che hanno
interessato dapprima molti comuni meridionali, sciolti per mafia o camorra.
Vicende,
che, al tempo stesso, iniziano ad interessare anche il Settentrione, nel segno
di una malavita che tende a spostarsi e ad ampliare il proprio raggio d’azione.
Un condizionamento a mio
avviso insostenibile, inaccettabile ed intollerabile sotto ogni punto di vista.
E la riforma dell’art. 416
ter cp, che ci apprestiamo – mi auguro in tempi brevissimi – a varare è un
primo segnale che quest’Aula deve dare all’esterno.
Si tratta di una riforma a
mio avviso indispensabile, per dare forza ad una norma che, altrimenti, sarebbe
rimasta monca e, pertanto, inefficace.
Troppe, tante, sono le
utilità che oggi possono essere oggetto di voto scambio politico – mafioso.
Tutti atti pubblici che
spesso per i singoli appartenenti alle organizzazioni criminali di stampo
mafioso – camorristico possono avere un valore inestimabile, essere oggetto di
voto di scambio politico – mafioso e rappresentare una contropartita ben più
preziosa di una semplice somma di denaro.
Ben venga, dunque, il giusto
ed opportuno completamento della dizione dell’art. 416 cp ter che,
diversamente, sarebbe rimasto confinato, nella sua applicabilità, alle sole
ipotesi di trasferimento di denaro in cambio del voto, ipotesi, evidentemente,
non facilmente rintracciabili, individuabili e nella stragrande maggioranza dei
casi, difficilmente perseguibili, proprio perché ad esse sono subentrate quelle
fattispecie più complesse di cui parlavo poc’anzi.
Una modifica normativa che
sento ancor più necessaria ed indispensabile per ridare la giusta dignità alla
libertà nell’esercizio del diritto di voto, specie in quelle terre del
Mezzogiorno, dove l’esercizio libero e non condizionato del voto è
sistematicamente messo a rischio da una pluralità di concause, a prescindere
dalla corruzione.
È per tutto questo, dunque,
che ho aderito alla proposta di modifica dell’art. 416 ter
cp.
La riforma che ci
apprestiamo a varare va, a mio avviso, nella direzione di elevare il livello di
preservazione di quelle Istituzioni nel cui coinvolgimento credeva fortemente
Giovanni Falcone.
Una riforma che, tuttavia,
non può che essere l’inizio di un percorso di lotta alla corruzione ed al tempo
stesso di reimpiego di tutte quelle risorse che potremo liberare, sottraendole
al malgoverno determinato dal voto di scambio politico – mafioso e destinandole
al riscatto sociale ed economico di quei territori e di quelle fasce di
popolazione disagiate che potranno essere così, al più presto, libere di vivere
ed esercitare democraticamente il proprio diritto di voto e la propria libertà
di autodeterminazione politica.
Wolfgang Goethe diceva che
“La legalità è libertà”.
E questo principio, questo
bisogno di legalità, trovano nell'affermazione e nella tutela della libertà del
voto la loro massima espressione e noi dobbiamo, perciò, partendo da oggi, rendere
questa libertà sempre più assoluta ed intoccabile.
Oggi su "Il Mattino" trova ancora spazio la delicata vicenda delle operatrici sociali precarie del Comune di Giugliano.
Sarà opportuno lavorare soprattutto per il miglior utilizzo possibile dei Fondi Comunitari per la Politica di Azione e Coesione 2013 previsti per l' "ambito" di Giugliano.
Voglio ringraziare pubblicamente
il Dott. Marfella e Don Patriciello per l’impegno
quotidiano che profondono nel contrastare quanto di grave accade ogni giorno
nelle nostre terre. Sono convinta che bene abbiano fatto a portare all’attenzione
della Commissione Europea per le Petizioni lo stato della situazione ambientale
nella “Terra dei Fuochi”. Per risolvere i problemi che ci affliggono da oltre
vent’anni, è necessario che l’opinione pubblica, anche della comunità
internazionale alla quale apparteniamo, sia messa in condizione di conoscere,
capire ed approfondire un tema che, sempre più, a mio avviso, assume dimensioni
quantomeno “nazionali”. Si tratta di una vicenda – quella dei roghi e degli
sversamenti tossici nelle province di Napoli e Caserta – così complessa, che
solo una strategia congiunta di tutte le Istituzioni, da quelle Comunitarie a
quelle Locali, passando per quelle Nazionali e Regionali, può affrontare in
modo risoluto, efficiente ed efficace.
Credo che l'incontro avuto quest'oggi con la Commissione
Straordinaria del Comune di Giugliano per la questione delle lavoratrici
precarie dei servizi sociali sia stato estremamente utile. La questione è particolarmente delicata,
ma mi pare che la via – obbligata – scelta dal Comune sia la sola, almeno per
il momento, indicata per garantire livelli occupazionali minimi, trasparenza
nelle selezioni e, nel contempo, giusta valorizzazione delle professionalità
presenti sul territorio.
Lavoreremo nelle prossime settimane, con la Commissione ma anche e soprattutto
con le lavoratrici coinvolte nella vicenda e con le forze sindacali che
vorranno dare il proprio contributo, affinché, oltre a garantire il massimo
sforzo da parte del Comune nell’impiego delle proprie risorse destinate alle
politiche sociali e previste dal Piano Sociale di Zona, l’Amministrazione possa
operare al meglio ed efficacemente per non perdere il treno dei fondi
comunitari previsti del Piano per l’Azione e la Coesione 2013, che potrebbero
rappresentare un’importante risorsa da mettere a disposizione della Comunità
Giuglianese, per avere servizi sociali più efficienti e nel contempo garantire
più alti livelli occupazionali nel settore delle politiche sociali. Ogni
soluzione che possa dare risposte alla questione sociale ed occupazionale del
Comune di Giugliano, dovrà essere e sarà sicuramente presa in
considerazione.
Su Teleclub Italia una mia breve intervista prima dell'incontro.
Ho aderito con convinzione alla Proposta di Legge depositata in materia di contrasto alla contraffazione dei prodotti agricoli tipici locali e difesa del ‘Made in Italy’. La tutela dell’ambiente, la valorizzazione delle nostre terre, il rilancio della nostra economia, specie nel Mezzogiorno ed in Campania, sono tutte questioni prioritarie la cui soluzione passa da un’unica via, che è quella della salvaguarda della qualità e della genuinità dei nostri prodotti. Occorre, a mio avviso, adottare un sistema di norme che, in modo armonico, siano in grado di assicurare rigidità nel contrasto alla contraffazione e trasparenza ed intelligibilità delle filiere di produzione regionali. Con la Proposta di Legge in materia, si potrà attivare una diversa e più stringente disciplina di contrasto alle frodi, la difesa del ‘Made in Italy’ a tutela di operatori e consumatori e la conseguente valorizzazione dei prodotti tipici locali, attraverso più serrati controlli ed azioni di certificazione. Il mio auspicio è che presto tali norme possano trovare consenso in Parlamento ed attuazione nel mercato”. Rassegna stampa
Oggi sul Corriere del Mezzogiorno, sono state riprese alcune mie riflessioni sulle polemiche scaturite dopo le dichiarazioni del Ministro Lorenzin e dopo il decesso prematuro del piccolo di Capodrise, colpito da un male purtroppo incurabile.
Sono dell'avviso che il lavoro da fare per affrontare questa strage quotidiana sia talmente tanto, da non lasciare spazio e tempo per proclami e parole.