Grazie Presidente,
Onorevoli Colleghi,
ci apprestiamo, quest’oggi,
ad approfondire, mi auguro in modo risoluto, un tema – quello della lotta alla
corruzione ed allo scambio elettorale politico/mafioso – estremamente delicato
e complesso, specie per il nostro Paese e per il momento storico, economico,
sociale e politico che Esso sta attraversando in questi mesi.
Un approfondimento, che non
può prescindere dall’acquisizione collettiva da parte di quest’Aula, della consapevolezza
di quanto sia dilagante e distruttivo il fenomeno della corruzione, specie
quella di stampo mafioso, nel nostro Paese.
Un fenomeno, quello della
corruzione, che trova nel voto di scambio politico – mafioso, il suo più bieco
e cinico strumento di attuazione.
È nel voto di scambio, che
si concretizza la peggiore mortificazione di una democrazia e l’offesa più
grave a ciò che uno Stato ed il suo Popolo dovrebbero, insieme, rappresentare.
Sia che l’utilità ottenuta
in cambio dell’esercizio eterodiretto del proprio voto sia costituita da una
somma di denaro, sia che essa assuma altra forma, è necessario colpire ed
arginare in modo drastico tale fattispecie, e questo ancor di più quando sullo
sfondo del voto di scambio si manifesta la grigia e maleodorante presenza di un
ritorno di tipo “mafioso e distorto” dell’esercizio del consenso.
Di tanto, dovrà e sono
sicura che così sarà, convincersi quest’Aula, anche a prescindere dai colori
partitici e dalle appartenente politiche di ciascuno di noi.
Di tanto, la comunità che
rappresentiamo è probabilmente già convinta e ferma, come emerso dall’ottimo
lavoro svolto da Don Ciotti con Libera e con il Gruppo Abele, ai quali va il
mio ringraziamento per l’impegno profuso.
Un ringraziamento che
rivolgo anche ai Colleghi della Commissione Giustizia che in modo rapido e
credo molto efficiente e funzionale, hanno licenziato il testo che oggi è posto
all'esame dell'Aula.
Nel periodo forse più
difficile che stiamo attraversando, l’opinione pubblica italiana avverte, a mio
avviso, il bisogno di ricevere, da chi ha l’onere e l’onore di rappresentarla
in Parlamento, prove tangibili di lotta alla corruzione ed al tempo stesso di
ricostruzione di un elevato profilo morale ed etico della politica.
"Illegalità, corruzione
e malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le
dimensioni sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso
faticosamente, alla luce". Questo è quanto ha
affermato recentemente il Presidente della Corte dei Conti.
La corruzione, nelle più
disparate forme in cui essa si presenta e, quindi, anche nel voto di scambio
politico – mafioso, in Italia vale circa 60 miliardi di euro l'anno.
Una cifra da capogiro, una
stima impressionante che, abbinata alle forme che via via assume nel nostro
Paese la criminalità organizzata che ne fa uso, rende improcrastinabile un
intervento ed una reazione forti da parte dello Stato.
In questo scenario, per un
approccio serio e completo al problema che ci occupa, è necessario, a mio
avviso, un esame del ruolo e della funzione che negli ultimi decenni hanno
assunto le mafie nel nostro Paese.
Non siamo più di fronte a
semplici organizzazioni criminali, bensì siamo innanzi a veri e propri sistemi
di potere, che hanno avuto la capacità di sprovincializzarsi, di diffondersi
all’estero, di compenetrarsi nelle istituzioni, nello Stato, negli Enti Locali,
anche attraverso quel voto di scambio politico – mafioso che oggi ci occupa.
È una mafia, quella moderna,
che si caratterizza per un rapporto peculiare che l’organizzazione mafiosa intrattiene con il territorio e
l’autorità politica. L’uso della violenza, infatti non è più fine a se
stesso, ma è strumentale all’instaurazione di un controllo del territorio
sempre più totalizzante, che porta il “sistema mafioso” fino quasi a
sostituirsi allo Stato nell’esercizio delle sue funzioni, quali la gestione
dell’economia, il mantenimento dell’ordine, l’amministrazione della
‘giustizia’.
Questo stesso potere si
traduce al contempo nel controllo di risorse politiche fondamentali – il voto –
che consentono alle mafie di porsi come interlocutori della politica,
affiancando (o sostituendo) alla logica della contrapposizione quella dello
scambio, del ricatto, dell’infiltrazione, il tutto finalizzato alla gestione
diretta e/o indiretta delle risorse destinate dallo Stato alle nostre comunità.
Questo fenomeno, purtroppo,
ha trovato terreno fertile nel quale attecchire, specie nel Mezzogiorno
d’Italia, specie in quelle terre più sofferenti, soprattutto a partire da
quegli anni Sessanta – Settanta, durante i quali il Meridione ha perso il
decisivo treno del rilancio economico, alla cui assenza, purtroppo, ha fatto da
contraltare la diffusione di un sempre più crescente arretramento sul piano
sociale.
Un periodo, quello prima
indicato, durante il quale le nostre regioni sono state destinatarie di risorse
assolutamente straordinarie, la cui gestione, tuttavia, anche a causa di quella
strisciante connivenza tra pubblico e criminalità organizzate, non ha mai
portato al consolidamento strutturale di un percorso di sviluppo, bensì, al
foraggiamento di localismi e clientelismi di vario genere, che hanno lasciato
le regioni meridionali in una condizione di arretratezza insostenibile, oggi
aggravata dalla crisi, dove malgoverno, commistioni e delinquenza trovano la
loro più ampia diffusione.
Tutto questo, ha determinato
la creazione di veri e propri governi mafiosi e paralleli dell’economia, della
finanza pubblica, che si sono concentrati in alcune aree delle tre regioni
meridionali più esposte a questi fenomeni, tra le quali, consentitemi una breve
digressione personale, anche e soprattutto quell’area disgraziata posta al
confine tra le province di Napoli e Caserta, feudo incontrastato della camorra,
dei clan partenopei, di quella “Gomorra” raccontata da Saviano ed a tutti
tristemente nota, che da decenni stritola e mortifica la mia comunità di
provenienza ed un territorio nel quale, quotidianamente si assiste alla
mortificazione della dignità umana, dei più elementari diritti civili e
politici, ed ad una dilagante corruzione che consuma instancabilmente le già
scarse risorse a disposizione della collettività, senza, in alcun modo,
consentire la costruzione di un futuro e di una prospettiva di sviluppo.
Le
mie riflessioni, trovano, a mio avviso, conferma nelle vicende che hanno
interessato dapprima molti comuni meridionali, sciolti per mafia o camorra.
Vicende,
che, al tempo stesso, iniziano ad interessare anche il Settentrione, nel segno
di una malavita che tende a spostarsi e ad ampliare il proprio raggio d’azione.
Un condizionamento a mio
avviso insostenibile, inaccettabile ed intollerabile sotto ogni punto di vista.
E la riforma dell’art. 416
ter cp, che ci apprestiamo – mi auguro in tempi brevissimi – a varare è un
primo segnale che quest’Aula deve dare all’esterno.
Si tratta di una riforma a
mio avviso indispensabile, per dare forza ad una norma che, altrimenti, sarebbe
rimasta monca e, pertanto, inefficace.
Troppe, tante, sono le
utilità che oggi possono essere oggetto di voto scambio politico – mafioso.
Appalti, consulenze,
incarichi, autorizzazioni, concessioni.
Tutti atti pubblici che
spesso per i singoli appartenenti alle organizzazioni criminali di stampo
mafioso – camorristico possono avere un valore inestimabile, essere oggetto di
voto di scambio politico – mafioso e rappresentare una contropartita ben più
preziosa di una semplice somma di denaro.
Ben venga, dunque, il giusto
ed opportuno completamento della dizione dell’art. 416 cp ter che,
diversamente, sarebbe rimasto confinato, nella sua applicabilità, alle sole
ipotesi di trasferimento di denaro in cambio del voto, ipotesi, evidentemente,
non facilmente rintracciabili, individuabili e nella stragrande maggioranza dei
casi, difficilmente perseguibili, proprio perché ad esse sono subentrate quelle
fattispecie più complesse di cui parlavo poc’anzi.
Una modifica normativa che
sento ancor più necessaria ed indispensabile per ridare la giusta dignità alla
libertà nell’esercizio del diritto di voto, specie in quelle terre del
Mezzogiorno, dove l’esercizio libero e non condizionato del voto è
sistematicamente messo a rischio da una pluralità di concause, a prescindere
dalla corruzione.
Un uomo dello Stato, delle
Istituzioni, esempio di vita e di onestà, specie per tanti giovani come me e
come gli altri Colleghi che al tempo della strage di Capaci erano ancora
adolescenti, Giovanni Falcone, affermava che: “Bisogna rendersi conto che la mafia è un fenomeno
terribilmente serio e grave, e che va combattuto non pretendendo l'eroismo di
inermi cittadini, ma coinvolgendo nella lotta le forze migliori delle
istituzioni".
La riforma che ci
apprestiamo a varare va, a mio avviso, nella direzione di elevare il livello di
preservazione di quelle Istituzioni nel cui coinvolgimento credeva fortemente
Giovanni Falcone.
Una riforma che, tuttavia,
non può che essere l’inizio di un percorso di lotta alla corruzione ed al tempo
stesso di reimpiego di tutte quelle risorse che potremo liberare, sottraendole
al malgoverno determinato dal voto di scambio politico – mafioso e destinandole
al riscatto sociale ed economico di quei territori e di quelle fasce di
popolazione disagiate che potranno essere così, al più presto, libere di vivere
ed esercitare democraticamente il proprio diritto di voto e la propria libertà
di autodeterminazione politica.
Wolfgang Goethe diceva che
“La legalità è libertà”.
E questo principio, questo
bisogno di legalità, trovano nell'affermazione e nella tutela della libertà del
voto la loro massima espressione e noi dobbiamo, perciò, partendo da oggi, rendere
questa libertà sempre più assoluta ed intoccabile.
Michela Rosan
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